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Irradiation Facility IFMIF, vedi DOC-2, ma sarà proprio ITER a fare la selezione quando entrerà in
funzione la sua possibilità di sperimentare). Per avere una scrematura preliminare negli anni 80 i
reattori veloci potevano fornire intensità di flusso in neutroni dell’ordine del MeV abbastanza
significativa (vedi dati nelle Figure 2 e 5) come intensità ma non in energia. Hollemberg organizzò
un programma (BEATRIX tra Europa, USA, Giappone e Canada) per un test “durissimo” nell’
EBR-II. A tutti i partecipanti Hollemberg spedì 100 grammi Li2CO3 arricchito in Li6 al 95%
(materiale strategico disponibile solo in USA). Ci furono date rigide specifiche di dimensioni e
purezza per i campioni da preparare col nostro metodo e già testati per le loro proprietà di rilascio
trizio nei reattori europei. Alvani lavorò come al solito con grande cura e precisione, le sue “pellets”
con ben caratterizzate proprietà (densità, porosità, microstruttura, purezza, ecc,) furono accettate e
sottoposte ad un lungo ciclo di irraggiamento (600 giorni a piena potenza-reattore), un test di
resistenza al danneggiamento ad alta temperatura ed un alto livello di eliminazione di litio dal
materiale (si chiama “burn-up” (BU%) del Li6 ) significativi per simulare quelle previste nel futuro
blanket irraggiato dai violenti neutroni della fusione DT. I nostri campioni subirono circa 80 dpa
(“displacement per atom”, Fig. 8), ogni atomo fu spostato 80 volte dalla sua posizione nel reticolo
cristallino, ma evidentemente con un ottimo tasso di ritorno alla posizione lasciata vacante, perché
su essi non fu riscontrata nessuna significativa variazione dimensionale e microstrutturale, tranne
l’ovvia alterazione di fase dovuta al’ 8% di litio-6 trasformato in trizio (Li BU). Alcuni provini
subirono un ulteriore ciclo di irraggiamento (altri 300 giorni a piena potenza) arrivando a più di 130
dpa e 13% di Li BU apparentemente senza mostrare grandi problemi.
Per proseguire al meglio questo tipo di test Hollemberg chiese un finanziamento alla direzione del
programma europeo per utilizzare le formidabili possibilità che offriva l’FFTF con i suoi dispositivi
MOTA (Figura 5). L’intensità del flusso neutronico sarebbe stata quasi doppia rispetto a quella
dell’EBR-II, la simulazione del danno da neutroni di fusione DT sarebbe stato più significativa. Ma
la proposta “troppo costosa” non fu accettata (DOC-1).
Figura 8 - Un esame di Li6-ceramici dopo irraggiamento “pesante” in flusso di neutroni veloci di
EBR-II per quasi due anni a piena potenza reattore 62 MW (1986).
Tra la fine degli anni 80 ed i primi anni 90 nell’area occidentale (USA-Europa) tutti i reattori
termici e veloci sperimentali al alto flusso neutronico furono chiusi per “fine vita” già programmata
o per decisione politico-economica. L’Europa (forte del successo del Jet) stava rilanciando i
programmi sulle tecnologie per il reattore a fusione di potenza. Gli irraggiamenti sui triziogeni
continuarono solo nel vecchio reattore “comunitario” HFR di Petten, un “material testing” ad alto
flusso in funzione dal 1961 e tuttora (2015) operativo.